Il nostro dialetto non è una derivazione dal martinese

Il dialetto crispianese come lingua autonoma e non come una derivazione dal martinese. E’ la tesi esposta da Francesco Santoro, autore del libro “Crispiano 1799 – 2009, 210 anni dalla fondazione”, presentato a Crispiano nella sala consiliare del Comune. In apertura, Michele Vinci e Rosa Lucaselli, in un misto tra dialetto ed italiano hanno ripercorso la storia di Crispiano, i suoi usi, le sue tradizioni, i modi di vita dal 1914, anno dell’autonomia. Dopo il saluto del sindaco Laddomada, è intervenuto il dottor Francesco Burano, con varie recensioni all’opera. La professoressa Marina Cavallo, saggista e studiosa di letteratura, ha definito la tesi esposta da Santoro, «una rottura con la tradizione» e ha posto l’accento sull’amore dell’autore per Crispiano. La parola è quindi passata alla dottoressa Anna Sturino, dirigente della scuola media “Severi”, che ha evidenziato il carattere di facile consultazione del libro e la riflessione che suscita sulla presunta antitesi tra dialetto e lingua italiana. «Non possiamo stabilire qual è oggi la parlata di Crispiano, perché non sappiamo neanche quale sia stata. Certo è che non siamo né tarantini, né salentini, siamo crispianesi», ha aggiunto la dottoressa Anna Sgobbio, dirigente del circolo didattico “Mancini”. Cosimo Diamiano Calabretti, studioso di storia locale, ha ripercorso alcune tappe dei lavori di Santoro, tra cui la trasposizione in dialetto della parabola del figliol prodigo. Infine è intervenuto Pierfranco Bruni, direttore del Ministero dei Beni culturali: «Il dialetto nasce come pensiero, prima ancora che come parola.

(Foto di Giovanni Blasi)

Fonte: Paola Guarnieri